Duecentosedici

in campeggio ha chiuso 216 giorni fa.

nel mezzo un “inverno” lungo 216 giorni (ad oggi) dove è successo di tutto.

di tutto.

ho seppellito la parente, ho seppellito il cane, il lavoro ha avuto l’avvio che mancava per mandare definitamente tutto a puttane nel modo più assurdo possibile (sia mai che io mi faccia mancare queste situazioni vergognose nella mia vita).
è saltato il viaggio all’estero di natale (ricordiamoci che LEI a dispetto di tutti gli altri natali, adesso, questo natale, coi moribondi in casa, voleva viaggiare!) e ora salterà anche quello estivo (causa virus) e, per non farmi mancare nulla, se mai ci saranno ferie in agosto saranno più corte di una settimana perchè i milionari miliardari che comandano l’azienda hanno deciso così (i sindacati qui ovviamente non si sono mai fatti vivi).

il 24 aprile era previsto il mio primo serale in campeggio, col suddetto che apriva finalmente i battenti per una nuova e assolutamente necessaria (al sottoscritto) stagione estiva.
invece no, virus, tutto bloccato, tutto rimandato di altri 22 giorni. nuovo primo serale, ad oggi, previsto per il 15 maggio.

10 giorni di malattia, due settimane di ferie a natale, 47 giorni di quarantena e ancora non basta, non basta niente per far chiudere questo inverno, voltare pagina, iniziare un nuovo capitolo.

216 giorni dove non ho cambiato niente ma è cambiato tutto, il mondo (mio e non) è crollato mille volte.

216 giorni investiti in chat, messaggi, video divertenti, telefonate con ogni pretesto pur di tenere i contatti con bagnini e ragazzetti, pur di sapere chi ci sarebbe stato nel 2020, per dire che “hey! io esisto ancora, anche se il campeggio è chiuso!”.
l’incertezza delle presenze, l’incertezza dei periodi di presenza, il ferragosto che cade di sabato (una merda!)… ora tutto lanciato in aria come i dati a causa di quarantena, virus e scelte governative.

216 giorni passati a “combattere” ogni cosa cercando di non farmi venire rughe e capelli bianchi per lo stress di… tutto!… per arrivare ad aprile (ora a maggio) con un sorriso che sembrasse il meno finto possibile.

ora non si sa più niente. non si sa neanche se ci sarà qualcosa, se ci sarà una estate.

ho messo su kg, pancetta, lardelli vari e tra poco se dio vuole (!!!) sarò in costume, al mare, bianco come il latte e con un sole che mi farà letteralmente a brandelli avendo perso il periodo di naturale abbronzatura graduale.

certe volte, come oggi in modo particolare, vorrei premere un bottone e spegnere tutto. fermare il lavoro, lo stress, tutto quanto, prendere la macchina, caricare due stracci e andare in campeggio, lasciando poi che sia il tempo a “decomprimere” preoccupazioni, pensieri e ansie di ogni tipo.

dopo tutto quello che ho passato e tutto quello che temo dovrò passare, mi auguro davvero che questa stagione estiva duri 60 anni.

almeno.

Nel vuoto

ieri pomeriggio sono stato a casa del parente ma lui era a pranzo fuori e poi a vedere la nuova casa del nipote. al cimitero non ha voluto andare “perchè non era vestito bene”, ma io dopo 4 mesi (domani) che mia moglie e morta, dopo quasi 2 mesi che comunque non potevo andare al cimitero a trovarla e dopo secoli di matrimonio dove mi ha cucinato, rammendato, lavato, stirato e pulito, io, ecco, al cimitero ci sarei andato.

mi sforzo di pensare che dentro di lui sia solo un rifiuto della morte, anche se ormai pure io, da sempre tonto e credulone che sono, sto cedendo all’evidenza che il parente, per quanto posso averla amata in vita, dal giorno del funerale abbia avuto ben altre priorità: mangiare e stare bene. il resto, per lui, non conta. neanche si ricorda dei mesiversari. come se non fosse neanche mai esistita.

all’inizio piangeva spesso quando raccontava a tutti che lei gli diceva “presto ti lascio solo”, preoccupato, ma lo capisco solo adesso, del suo futuro, di colazioni, pranzi e cene, delle chiacchiere, le passeggiate, la sua vita, le sue cose, il suo benessere. sepolta la moglie le lacrime erano per le cose pratiche di ogni giorno. chi pulisce adesso? chi cucina, soprattutto! i pasti caldi a domicilio del comune lo aggradano il minimo per farseli bastare. poi la sua vita è cambiata zero, la tranquillità è tornata nella sua vita e più che una moglie sembra abbia accettato le dimissioni di una storica domestica.

arrivo a casa sua e lui appunto non c’è, entro nel cortile e mi occupo di qualche piccola faccenda parlando da solo con lei che speravo fosse lì con me, invisibile e incapace di farsi percepire. è questa la fede, no? credere in qualcosa che non si hanno prove essere reale.

sembra un attimo e invece mi passa davanti tutto, dalla pizza con tutta la famiglia di un millennio fa, la tavolata con le pizze da asporto e il lampadario realizzato con un lungo palo e una lampadina che sporgevano per metri dalla sua camera da letto.
e tutto il resto, troppo lungo scriverne l’elenco, non c’è neanche un ordine di importanza, tutto era meraviglioso, indimenticabile, spensierato, giocoso, festoso, vivo.

un ora e mezza e il parente non si vede, così prendo l’auto e torno a casa, a metà tra le lacrime agli occhi e il nodo alla gola.

lei non c’è più e domani sono 4 mesi.
e a me non sembra ancora vero e la penso sempre e la vorrei qui, a tenere in ordine la sua casa, il mio piccolo mondo tranquillo che tanti ricordi mi ha lasciato.

almeno qualcuno la sua assenza la nota.