L’albero

breve giornata di mare, tappa in spiaggia con salto immediato in campeggio e poi rapido giro in centro.

dal cancello del bar mi sono diretto al cantiere dove i lavori del supermercato procedono veloci, poi un salto a vedere l’ampliamento degli uffici prima di entrare nell’area camping e, passando per la storica 1111 dirigermi verso il bar della pineta e ritorno in spiaggia verso il cancello della scuola di surf.

di colpo mi blocco e porto la mano alla bocca.

l’albero è stato tagliato. il mio albero, quello altissimo, quello che troneggiava da sempre a bordo spiaggia, quello che faceva ombra ai rari pranzi con L’AMICO DEL CAMPEGGIO è stato tagliato.

non c’è più.

resto lì, in piedi, con la mano sulla bocca, io, che penso manco se esplode una persona davanti ai miei occhi batterei a malapena ciglio.

il mio albero. l’albero che ho fotografato migliaia di volte, da sempre.

tagliato.

perchè?

Della roba moderna

600 euro di riparazione alla vecchia auto, le discussioni poi per farmela cambiare e da martedì il mio culo è dentro una nuova auto.

più piccola, più tecnologica e con zero spazio per riporre praticamente qualunque cosa.

il venditore, uno di quelli che pensa al lavoro 23 ore al giorno, mi chiama -ore ufficio…- due giorni dopo per sapere come mi trovo con la nuova auto.

momento di silenzio.

“come vuoi che mi trovo? sono di corsa da mattina a sera da e per l’ufficio, non ho avuto tempo manco per trovare il posto per il telecomando di casa, non so manco dove appoggiare il telefono… quando mai ho avuto modo di testare il mezzo? per altro, passando per il centro città oltre i 60 km/h non faccio…”

una cosa così, detta in modo più gentile.

aspetto il weekend per vedere un po’ meglio come funziona.

parto a metà mattina -già tardi- in direzione del mare sotto un inaspettato meraviglioso sole apparso per magia al posto dell’allerta pioggia prevista fino al giorno prima.

20 km dopo, al telefono con IL PELOSO per testare il vivavoce, mi trovo fermo, con la spia del surriscaldamento del radiatore.

un ora dopo, dopo duemila chiamate a casa, al venditore, al numero verde e due carro attrezzi, arriva l’omino con il paranco che carica la macchinina e, mogi mogi, torniamo verso casa.

ora l’auto, nuova, 150 km in tutto è in officina con evidenti perdite dal radiatore che però il venditore non è riuscito a vedere, sorpreso quasi nel dirmi che la macchina funziona perfettamente. si, funziona per 500 metri, poi suona tutto. e comunque bastava aprire il cofano per vedere acqua ovunque all’interno nella zona del radiatore. e ci arrivo io a capire che di auto non capisco un cazzo di niente… è tutto dire!

domani passo a prendere l’auto sostitutiva.

auto nuova già rotta. iniziamo malissimo.

già mi pento di aver mollato la mia vecchia -costosa- cara macchinina.

Di ore di troppo

carta, penna.

facciamo un gioco questa settimana, in ufficio.

regolamento: quando ti rendi conto che la noia e la rottura di cazzo è a livelli astrali devi indovinare che ore sono. poi fai la differenza tra l’orario effettivo e quello che vorresti o hai pensato sia (ovviamente il primo è sempre nettamente inferiore alle aspettative) e ottieni, nel lungo periodo, il tempo “in più” del quale faresti volentieri a meno.

in due settimane ho capito che ogni mattina ha 1 ora di troppo e a volte anche 2.

in due settimane ho calcolato 12 ore totali di troppo, quasi tutte concentrate al mattino dove, in pratica, a finire di lavorare alle 11.00 al massimo sarebbe la soluzione quasi perfetta.

utopia, ovvio.

Chiamo io

IL PELOSO non risponde, a quanto pare lasciare squillare il telefono FREGANDOSENE va molto di moda.

EX COLLEGA non risponde, anzi, stoppa gli squilli, non richiama, neanche i giorni successivi e non manda messaggi di scuse/spiegazioni. sarebbe da fargli notare le ORE di telefono fatte quando era in crisi con la rumena e le successive diatribe su ex moglie e avvocato per la separazione, quando il sottoscritto era tempestato dai suoi sfoghi a ogni ora del giorno e IO RISPONDEVO SEMPRE. o richiamavo.

dettagli.

SCARPA da quando lavora in fabbrica non risponde più al telefono: “10 ore di lavoro in mezzo agli africani lo sfiancano ed è meglio se ci sentiamo domenica”. io domenica non chiamo, lui nemmeno. emmò?

LA TONTA alle 21.00 risponde al mio “cheffai” delle 16.00. IL TONTO risponde a monosillabi quando gli pare. probabilmente risentiti perchè da un anno non mi faccio fisicamente vivo, ma non sono stato io a scegliere di cagare un figlio, prima, e rinchiudermi in casa con 1001 scuse per non organizzare nulla fuori casa, nei weekend, poi. e non c’era il virus un anno fa, tanto per essere chiari. adesso che vanno via a mascherina e igienizzate e tutto li spaventa col cazzo che vado a suonare il campanello.

MICH non risponde, “adesso non può” ma a richiamare quando può non se ne parla. ricordiamoci che è la stessa persona che a luglio l’ho beccato per caso in spiaggia e che manco mi aveva avvisato del suo arrivo. tanto per dire.

risponde invece IL MIGLIORE AMICO, risponde sempre, peccato che di suo non mi chiami mai. come rinsaldare una amicizia che presumo sia a senso unico dato che potrei essere morto da mesi, per quello che s’è interessato a chiedermi.

e niente, il lavoro va bene ma oggi il capo lo ha sgridato (prima volta in 2 anni) e quindi ha fatto intendere che, non essendo abituato a capi stronzi (beato lui…), non fosse per mutuo e spese varie probabilmente sarebbe già alla ricerca di un nuovo lavoro.

fantascienza. vivo in un mondo da cartoni animati.