non entro a casa della parente esattamente da un anno, cioè da quando i vicini l’hanno comprata e affittata a quelli che mi hanno riferito essere una famiglia di africani.
12 mesi passati in un soffio senza aver mai messo piede in quelle stanze, stanze che mi vedevano passare almeno due o tre volte la settimana da sempre.
tutto finito.
è finita la visita alla vecchia cucina, fine delle chiacchierate davanti alla stufa, illuminati dal fuoco a luci spente, a parlare di tutto ma di niente, incuranti che tutto quel rituale avrebbe avuto comunque una fine.
chi lo avrebbe mai pensato?
ripenso ad agosto 2013, al ponte della nave che si allontanava dalla parete rocciosa a strapiombo di santorini illuminata dal sole al tramonto che faceva risplendere le pareti bianche con sfumature dell’oro.
ripenso alla mia piccola piazzola, al camper, alla notte in campeggio, la prima dopo 20 anni esatti dall’addio a tenda e roulotte, quando le fannullone di casa promettevano cambiamenti e viaggi alla scoperta del mondo per poi però finire col creare problemi del cazzo, inutili, estate dopo estate.
tanto sarebbe valso aver tenuto la tradizione di almeno una settimana di campeggio l’anno più un eventuale viaggio facoltativo fuori italia, così da avere almeno una settimana di vacanza certa, prenotata in anticipo, da attendere fremente per tutto l’inverno.
sono tutti i luoghi del cuore, luoghi perduti per sempre o troppo lontani per essere facilmente raggiungibili o che richiedono possibilità che non ho o difficilmente avrò o, semplicemente, sono luoghi stagionali accessibili solo per pochi mesi l’anno.
ma sono comunque (o sono comunque stati) luoghi dove sono passato, dove ho vissuto, dove ho creato bellissimi ricordi.
e poco importa tutto il resto, come è andata o come non è andata.
un ricordo è davvero per sempre.