On off game

primi freddi (14°C non può essere definito freddo) e in ufficio torna il gioco “on off”: accenti il calorifero, chiudi la finestra.

torniamo punto e accapo: otto macchinari che macinano da mattina a sera (pc, monitor, stampate, ecc.) e otto persone che ruttano, sudano e scoreggiano. poi quando chi entra da fuori ci fa notare che l’aria è pregna del tanfo da cadavere allora si spalanca tutto, facendo passare la temperatura della stanza da 300°C a 11°C.

così è più salutare.

la mia idea -annuale- di tenere le finestre a filo di 1 cm in modo da far cambiare l’aria senza inficiare la temperatura è ostica ad essere compresa.

ma se invece che in felpa e abiti adeguati si viene in ufficio coi veli estivi e il pullover con camicina da impiegatino ritardato, allora non andiamo da nessuna parte.

e mi suggeriscono di mettermi in maniche corte “se hai così caldo”. coglioni. non è il caldo il problema, ma la puzza di merda e l’aria soffocante.

prossimo lavoro: ufficio per i cazzi miei e zero colleghi.

[inserire bestemmia qua]

Senza titolo

il cielo grigio da giorni, l’umidità, il primo freddo, frescolino, che ti accarezza le ossa. la pioggia ma non pioggia, quasi vapore, che non la vedi neanche ma tutto è umido, bagnato. poi piove, un istante, poi smette, poi esce il sole, resti accecato per qualche secondo, poi grigio, il buio che arriva presto.

momento letargico dove la mattina vorrei restare a letto e mi sembra quasi surreale ritrovarmi alle sette in bagno a capire dove mi trovo e a concepire l’idea di infilarmi nel traffico di puttane al cellulare e vecchi rincoglioniti che devono per legge attraversare la strada in orario operai.

poi arrivi in ufficio, a scaldare la sedia, fai non fai, bho, non so, il tempo passa ma non passa, non pensa, ma è solo tempo perso. forse l’idea del mare, anche con la pioggia, basta un ombrello e la passeggiata sarebbe servita. ma a che pro?

poi nel tempo libero ci sarebbero i negozi, con il portapenne a forma di squalo che ho puntato da qualche tempo e ikea con la roba che arriva ma non arriva e che ormai dopo decine di visite ha una fascino stantio. in chat neanche chiedo più niente, non m’interessa avere risposte diverse a ogni identica domanda.

ci starebbe bene un viaggio, ma non un viaggio che richieda l’attesa della partenza. un viaggio da decidere sul momento, ovunque, ok, va bene lì, andiamo, faccio la valigia e scendo, auto accesa e via. senza neanche pensarci, perchè la gioia dell’attesa la vorrei proprio evitare, partiamo e basta.

sole, mare, una bella spiaggia, qualcosa da fare, da vedere, musei, strade, colori, nel silenzio e la tranquillità del poter lasciare l’orologio in valigia, si va quando si va, si arriva quando si arriva, si mangia quando si ha fame, si dorme quando si ha sonno e ci si sveglia di conseguenza, quando sarà in momento.

saltello in sicuro e determinato equilibrio sul filo di surreali pensieri.

Diggei

la carriera musicale di MOTORETTA si è arenata. anzi, penso sia affondata. anzi, penso sia affondata direttamente in cantiere, neanche il tempo di posare la chiglia.

“suoni ancora?”

“no, magari! zero tempo!”

ma come? ha mollato il lavoro a tempo pieno in fabbrica per ottenere un part time come commesso al negozio di forni e tv e avere il tempo per suonare e adesso non ha tempo per suonare. e cosa fa tutto il giorno?

a giudicare dal suo profilo instagram gira in moto.

una vita al massimo, a suon di musica. degli altri.

Facciamo 31

l’ho saputo qualche giorno fa ma lo scrivo solo oggi: il 31 dicembre 2022 metterà fine all’esistenza de IL POPPANTE in azienda, dopo 10 anni di rotture di coglioni e fancazzismo ferreo, con chiacchiere e risate, regole ad personam che imponeva a tutti ma era sempre e solo lui il primo a non rispettare, l’ufficio trasformato nello sfogatoio della sua vita da segaiolo che chissà quanti colloqui ha fallito prima di cogliere l’occasione per mettersi in proprio.

talmente tanta professionalità e competenza che per trovare una nuova azienda che lo assumesse ne ha dovuta aprire una, dopo che anche l’ultimo dei coglioni, l’odiatissimo (da me) STRONZOTAPPO ha abbandonato la nave qualche mese fa, a sua volta ultimo tra gli stupidi ad abbandonare la nave dopo che per un decennio fior fior di gente giovane, capace e sveglia ha fatto fagotto per andare dove l’apprezzamento (economico) era maggiore.

tant’è, non perdono ma qualcosa forse dimentico, di fatto certamente non ho mai speso una sola parola per commentare il “fine partita”, cosa che non ho fatto neanche nei confronti dei precedenti due figli di puttana della mia vita ossia IL PORCO e IL FIGHETTA.

dimissioni formalizzate settimane dopo averle date a voce, sicuramente un mese dopo averle comunicate a chi di dovere per avere il tempo di ordine le ultime trame e discutere dettagli in modo che al suo sederino sia assicurato un posto al caldo. come sempre.

23 giorni ancora e poi addio. per sempre.

ti auguro ogni male, tutto il male possibile, ti auguro la sofferenza e il fallimento e di pentirti per tutta la vita di qualunque cosa tu decida di fare da qui in avanti.

e di morire malissimo, quando sarà.

col cuore!

Del far fare ad altri

LA SERVA torna in azione questo pomeriggio per pulire presumo i pavimenti di presumo ingresso, salotto e cucina e/o per passare anche i tappeti. un lavoretto che la truppa di casa poteva benissimo fare senza nessun problema nei 15 giorni che passano dall’attuale al precedente intervento della suddetta donna a ore, pagata per lavorare al posto di chi non lavora e invece cazzeggia.

nel mentre altri puliscono LEI elabora idee per potenziare il cazzeggio quotidiano: cambiare il cellulare (ormai la batteria non tiene più la carica) e attivare un profilo facebook (con 20 anni di ritardo sul mondo intero) presumo per vedere i contenuti che lei e le altre quattro vacche sfaticate delle sue amiche condividono.

nel mentre dispensa consigli a chi lavora per obbligo e lamenta del dover fare tutto lei, da sola, senza aiuti, con l’andazzo e il tono di chi, in catene da anni, passa la sua tristissima esistenza a far da schiava al mondo intero.

passano gli anni ma le come sono sempre le stesse.

anzi, peggio.