6 mesi

6 mesi fa, oggi, sulla sua poltroncina reclinabile foderata con una morbida coperta rossa moriva la parente.

la mattina di 6 mesi fa era chino a lucidare le ante della cucina con lei che mi fissava, silenziosa, senza fiato e poi, al momento di andare via, con tutto il fiato che aveva in corpo, mi disse “ciao”, sonoro, chiaro.

salii in auto e mi si annodò la gola, come se tutta quella tragedia assurda, quel teatrino di gesti e parole soffiate a forza dalla bocca fosse più ridicolo che deprimente. qualcosa in quel “ciao” era più dio un “ciao.

era un addio.

andai al centro commerciale con IL PELOSO quel pomeriggio e la sera, uscito dalla doccia, trovai due telefonate sul cellulare. richiamai subito, ma già sapevo tutto, come fosse stata una cosa normale arrivare alla fine di uno show andato man mano sempre più verso la rovina giorno dopo giorno.

“la parente è morta”.

“bene”, dissi. chiusi il telefono e tornai in bagno ad asciugarmi i capelli. pochi istanti dopo ero piegato in due sul pavimento a piangere. presi l’auto e andai a casa sua dove nel frattempo erano arrivati altri parenti e man mano altri ancora. e lei era lì, nella sua poltroncina con gli occhi semichiusi. sembrava dormisse.

il resto è storia.

6 mesi dopo non è passato giorno dove non abbia pensato a lei almeno una volta, anche se la media è almeno di 4 volte al giorno.

questa sera alla messa di commemorazione c’erano tutti, la tra le regole anti virus, le mascherine, la distanza e le porte aperte che lasciavano entrare i rombi dei motori di moto e camion che sfrecciavano a due passi dall’ingresso mi è sembrata una farsa inutile. io la ricordo ogni giorno, piango spesso, la prego di proteggermi e aiutarmi ogni giorno, come ha sempre fatto in vita. questo per me è voler bene, anche senza messe, visite al cimitero e giorni in rosso sul calendario per non dimenticare di ricordare.

il prete parlava e i bambini dei parenti facevano casino, indifferenti davanti alla situazione che stavano vivendo, della cerimonia in ricordo di qualcuno che a loro non avrà dato sicuramente quanto ha dato a me. e mi sono trovato a pensare a quello che loro non hanno mai avuto modo (o voglia) di voler conoscere, scoprire, apprezzare.

“peggio per loro”, ho pensato. io ho goduto tutto, di ogni cosa, materiale e immateriale, ho goduto del tempo, dei momenti, degli spazi, di oggetti e parole, soldi e favori, regali e pranzi domenicali. io ero lì, il più possibile, sempre, col cuore, con la testa, fisicamente.

tutti loro no. anche quelli più grandicelli, quelli che si suppone avrebbero dovuto avere un po’ più di riguardo e interesse, ancora di più oggi che è rimasto il vedovo da considerare, ma che nonostante tutto, figuriamoci. a chi (di loro) importa?

6 mesi dopo vorrei ancora vederla spuntare dalla porta della cucina quando annunciava di volersi sedere due minuti perchè aveva corso per casa fino a quel momento dietro a milleuno lavori domestici e non.

6 mesi senza di lei e la casa è lo specchio della realtà, dalla puzza di vecchio che ha cancellato quella del profumo di detersivo, al giardino che ormai è una giungla di erbacce di ogni tipo. il vedovo si fa compatire, fa quello che vuole, tutto tranne seguire se stesso o la casa, un minimo. egoista, irrispettoso nei confronti della moglie che si è spaccata culo e schiena e tenere su la reggia sempre come meglio ha potuto, per decenni.

il mondo gira così, dopotutto. ora immagino che sarà lassù sulla sua bella nuvoletta rosa assieme alle amiche e ai parenti di una vita, serena, sana. libera.

vorrei vederla tornare solo per vedere la sua faccia a quello che è diventato il suo mondo dopo la sua partenza e per sentire le urla contro il marito fannullone, per il caos, la puzza, l’incuria.

ma più di tutto vorrei che tornasse solo per dirle che le volevo un mondo di bene e anche di più. un bene immenso che ancora oggi non è diminuito di una virgola.

riposa in pace.

a presto.

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