Pronto, gioventù?

squilla il cellulare, numero sconosciuto. malauguratamente rispondo, non so perchè, contrariamente al mio solito “non lo conosco, quindi non rispondo”.

pronto? si? chi parla? come chi parla? non hai salvato il mio numero? no! chi sei? sono G.

G., ex compagno delle elementari tornato alla ribalta mesi fa dopo che una delle tante donnine della classe ha avuto la brillante idea di creare un gruppo whatsapp di classe e infilarci dentro tutti noi ex compagni con l’idea di una ipotetica cena dove ritrovarci dopo duemila anni dove praticamente tutti hanno ignorato tutti.

“mi becchi in un brutto momento, scusa”, “ah, non importa era per fare due chiacchiere”.

riaggancio e torno a fissare il soffitto, dal nulla che stavo facendo la voglia di parlare con esseri umani, specie G., era pari a zero.

con G. ho parlato mesi fa, ha chiamato lui e ha parlato solo lui, facendomi il riassunto di due secoli di storia, dipingendosi come una persona come le altre quando le voci di corridoio lo davano tipo morto o in coma per overdose. alla meglio. vabbè.

ci siamo detti tutto, ciao, grazie, cosa chiami ancora a fare? chiamami tra 20 anni e poi vediamo, magari qualcosa da raccontare di nuovo anche c’è.

e riparte l’onda del gruppo, della cena, quando la organizziamo? e via messaggi, che poi tutti devono dire la loro, quindi bin, bin, bin bin, ogni tre secondi, fastidio già previsto col gruppo silenziato il giorno stesso della sua creazione.

ora auguri a mettere d’accordo venti persone, quasi tutte con famiglia e altri impegni, sul giorno, ora, luogo, menù. di mio ho già messo una croce sopra, anche se non ho ancora detto niente. semplicemente il giorno che fisseranno la cena io non ci andrò. si offendono? pazienza. tornino pure dove sono stati dalla prima media ad oggi, di certo la mia vita non cambia di una virgola, anzi: a non vedere capelli grigi, rughe, panzoni gonfie e zampe di gallina sto solo meglio. con storie di mutui, bambini, lavoro, gravidanze, vomitini, divorzi (forse?), funerali, momenti difficili e grandi felicità.

ragiono in modo semplice: se sei nella mia vita dopo decenni un motivo c’è, così come c’è un motivo se dall’ultima volta che ci siamo visti o sentiti sono passati decenni. il viale dei ricordi lo percorro volentieri solo in campeggio, tra il verde, il mare, il sole, la spiaggia, i locali, le serate con gli amici, una pizza per pranzo, acqua fresca da bere, il gelato a merenda e un tuffo in piscina. il resto dei viali, quelli oltre quelle mura, i viali lavorativi, scolastici, i contatti ammuffiti, i volti stagionati, le esperienze da museo no, quelli li lascio dove sono, nel passato.

belli, brutti, divertenti, spiacevoli, felici, scomodi: comunque siano andare le cose sono cose andate. avanti il nuovo, il resto è storia e la storia non la si cambia, neanche con una cena.

che poi a ritrovarmi tutto quel vecchiume davanti e passare tre ore ad ascoltare news scadute e storielle vecchie come il cucco mi sale una depressione indicibile, senza contare l’ovvio e scontatissimo listone dei paragoni su carriera, famiglia, vacanze, successi, soldi, vita in generale.

una serata a ricordare fallimenti, tempo perso e anni che passano inesorabili.

anche no. meglio un bel museo, che almeno lì tengono cose che sono vecchie per altri, che parlano di altro e quando esci porti a casa solo bei ricordi e tanto sapere in più.

buona cena.

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