Una domanda, una risposta

il trio delle donnine delle bevute torna alla carica per scroccare una giornata di mare a mie spese, dalla casa alla benzina per il viaggio.

io non rispondo, cambio argomento, evito, invio immagini a caso.

“non capisco come mai tu non abbiamo voglia di vederci dopo tutti questi anni”.

appunto: una domanda, una risposta.

“dopo tutti questi anni”. serve aggiungere altro?

la storia è sempre la stessa: io che, per mesi e anni, cerco in tutti i modi di tenere i rapporti con tutti ma tutti, poi, in modi diversi, spesso fantasiosi, mi rendono la cosa difficile, poi impossibile. poi infine getto la spugna e quando la spugna tocca terra, reduce del tempo perso e sforzi fatti inutilmente col cazzo proprio che mi chino a raccoglierla.

con loro, al tempo, ho passata belle serate, divertenti, piacevolissime. poi, come sempre nella mia vita, le cose sono andate storte, sempre peggio. infine l’addio, forzato da loro, concesso dal sottoscritto quando tutto era diventato una presa in giro.

pronto a uscire alle 20.00, loro arrivavano in centro non prima delle 22.00, poi 22.40, 23.00, 23.50, mezzanotte passata. infine eravamo quasi arrivati a ritrovarci quasi all’una di notte e io, con le palle rotte da ore di attesa, messaggi non risposti, orari random, attese infinite e senza mai, MAI, nessuno che desse informazioni precise su luoghi di ritrovo, tempi di attesa, orari e via dicendo, ho mollato.

fine.

ora sono passati secoli, loro hanno fatto quello che volevano, quando, come, dove, all’ora che volevano. io ho fatto altro, con altra gente, gente che ovviamente è finita oggi con l’essere morta e sepolta, cancellata dalla mia vita sociale per altre questioni perchè, ricordiamocelo, la vita te lo mette sempre in culo, alla fine. sempre.

ed eccoci qui, oggi, a distanza di millenni, a parlare con gente che in secoli non ha mai chiesto “come stai?” ma che oggi vuole alloggio e trasporto gratis in nome di “bei vecchi tempi” che ormai sono più “vecchi” che “bei”.

grazie per tutto, sicuramente, ma le strade sono divise e non vedo perchè oggi io debba accettare di tornare a frequentare persone dove (e se) a guadagnarci qualcosa siano solo loro.

mi avete fatto mollare tutto a suon di ritardi? bene, storia chiusa. fine. e se volete andare al mare usate la vostra auto, la vostra benzina, il vostro tempo, i vostri soldi e i vostri mezzi. e se per caso qualcosa manca e le cose non sono realizzabili fate come me con la vostra amicizia: mettetevi l’anima in pace e dedicatevi ad altre attività.

fine.

Dei piani marittimi

l’idea è di andare al mare dal 1 al 5 giugno, col camper, in pace, da solo.

l’idea.

poi c’è la realtà: verificare se c’è spazio in campeggio e pregare che il meteo si stabilizzi e la smetta di rompere i coglioni con vento, freddo e pioggia sempre e solo fuori dall’orario di lavoro.

L’AMICO DEL CAMPEGGIO è già stato mare, altrove, a fare surf. stranamente non ha ancora parlato di campeggio che, deduco, sia passato in secondo piano nei suoi pensieri perchè evidentemente impegnato a fare altro, lavorativamente e non.

poco male, a dirla tutta, perchè mi sto godendo -fino ad oggi- la pace e il silenzio, la libertà e la leggerezza, d poter andare dove mi pare, parlare con chi mi pare, quanto mi pare, quando mi va, spostarmi, andare, tornare, fermarmi. non devo attendere uno che passa 90 minuti in doccia (poi è ecologista ma sprecare 500 litri di acqua per lavarsi non importa…) o che vuole fare la passeggiata in mezzo al caos o andare nelle zone residenziali oltre il confine, in mezzo al cemento, sotto il sole, a vedere niente, dato che quello che non è marcio è già chiuso da anni.

insomma, beata solitudine!

Dei cambi impossibili

weekend a negozi, weekend a centri commerciali e da ikea, anche oltre i confini regionali, perchè alla fine quando non si va al mare è bello andare a vedere cosa offre il mercato.

e ne approfitto per andare a cambiare il poncho rivelatosi abnorme al momento della prova a casa, cambio ovviamente reso difficile non avendo lo scontrino. ma dato che in passato (recente) era successa la medesima cosa altrove, nello stesso negozio della stessa catena, presumo che, volendo, tutto si possa fare.

invece.

nonnino con occhialini tondi, rapidissimo, operatore eccellente che avrei premiato con mille euro all’istante solo per la rapidità con la quale liquidava una dopo l’altra le persone in coda: buongiorno, dica, si, controlliamo, ecco qui, fatto, arrivederci, avanti il prossimo.

buongiorno, buongiorno, le spiego, devo cambiare questo ma non ho lo scontrino, è nuovo, mai usato, preso sabato (il giorno prima), lo vorrei cambiare con una taglia diversa o altro.

mi chiede se ho usato la tessera del negozio, card che non uso da anni perchè totalmente inutile, dato che le promo sono ridicole e rarissimi e i pochi punti li mollano con 7000 euro di spesa e per avere qualcosa poi di punti ne chiedono 5000. pagliacci.

“ah, no, allora no, proprio non riesco ad accettare il reso perchè il programma me lo impedisce, se non ho il riferimento proprio non si può fare!”.

già la faccia di quando ha capito che non avevo usato la card la diceva lunga, un pugno sui denti gli avrebbe dato meno fastidio.

“se proprio non si può pazienza, non insisto, è un prodotto nuovo preso il giorno prima, lo scontrino non ce l’ho, ma mea culpa, che le devo dire?”.

da dire ci sarebbe stato qualcosa tipo “comunque l’altra volta, stesso problema, la sua collega il buono me lo ha fatto lo stesso, verificando che il prodotto fosse integro e tutto il resto e non ha parlato di codici e di computer che comandano il mondo”.

tant’è.

riportato lo straccio abnorme in auto sono tornato in negozio per un bel giretto e 80 euro di merce dopo posso dire di essermi sentito davvero soddisfatto.

mi basta poco per svoltare la giornata.

Pronto, gioventù?

squilla il cellulare, numero sconosciuto. malauguratamente rispondo, non so perchè, contrariamente al mio solito “non lo conosco, quindi non rispondo”.

pronto? si? chi parla? come chi parla? non hai salvato il mio numero? no! chi sei? sono G.

G., ex compagno delle elementari tornato alla ribalta mesi fa dopo che una delle tante donnine della classe ha avuto la brillante idea di creare un gruppo whatsapp di classe e infilarci dentro tutti noi ex compagni con l’idea di una ipotetica cena dove ritrovarci dopo duemila anni dove praticamente tutti hanno ignorato tutti.

“mi becchi in un brutto momento, scusa”, “ah, non importa era per fare due chiacchiere”.

riaggancio e torno a fissare il soffitto, dal nulla che stavo facendo la voglia di parlare con esseri umani, specie G., era pari a zero.

con G. ho parlato mesi fa, ha chiamato lui e ha parlato solo lui, facendomi il riassunto di due secoli di storia, dipingendosi come una persona come le altre quando le voci di corridoio lo davano tipo morto o in coma per overdose. alla meglio. vabbè.

ci siamo detti tutto, ciao, grazie, cosa chiami ancora a fare? chiamami tra 20 anni e poi vediamo, magari qualcosa da raccontare di nuovo anche c’è.

e riparte l’onda del gruppo, della cena, quando la organizziamo? e via messaggi, che poi tutti devono dire la loro, quindi bin, bin, bin bin, ogni tre secondi, fastidio già previsto col gruppo silenziato il giorno stesso della sua creazione.

ora auguri a mettere d’accordo venti persone, quasi tutte con famiglia e altri impegni, sul giorno, ora, luogo, menù. di mio ho già messo una croce sopra, anche se non ho ancora detto niente. semplicemente il giorno che fisseranno la cena io non ci andrò. si offendono? pazienza. tornino pure dove sono stati dalla prima media ad oggi, di certo la mia vita non cambia di una virgola, anzi: a non vedere capelli grigi, rughe, panzoni gonfie e zampe di gallina sto solo meglio. con storie di mutui, bambini, lavoro, gravidanze, vomitini, divorzi (forse?), funerali, momenti difficili e grandi felicità.

ragiono in modo semplice: se sei nella mia vita dopo decenni un motivo c’è, così come c’è un motivo se dall’ultima volta che ci siamo visti o sentiti sono passati decenni. il viale dei ricordi lo percorro volentieri solo in campeggio, tra il verde, il mare, il sole, la spiaggia, i locali, le serate con gli amici, una pizza per pranzo, acqua fresca da bere, il gelato a merenda e un tuffo in piscina. il resto dei viali, quelli oltre quelle mura, i viali lavorativi, scolastici, i contatti ammuffiti, i volti stagionati, le esperienze da museo no, quelli li lascio dove sono, nel passato.

belli, brutti, divertenti, spiacevoli, felici, scomodi: comunque siano andare le cose sono cose andate. avanti il nuovo, il resto è storia e la storia non la si cambia, neanche con una cena.

che poi a ritrovarmi tutto quel vecchiume davanti e passare tre ore ad ascoltare news scadute e storielle vecchie come il cucco mi sale una depressione indicibile, senza contare l’ovvio e scontatissimo listone dei paragoni su carriera, famiglia, vacanze, successi, soldi, vita in generale.

una serata a ricordare fallimenti, tempo perso e anni che passano inesorabili.

anche no. meglio un bel museo, che almeno lì tengono cose che sono vecchie per altri, che parlano di altro e quando esci porti a casa solo bei ricordi e tanto sapere in più.

buona cena.

Il paio

“il paio” di settimane scadono oggi, considerando che domani non lavora nessuno di sicuro. e dei bifolchi ancora nessuna notizia, ma immagino si dovrà attendere lunedì per averne, sempre ammesso (e non lo sono) che si parli di gente seria, la cui serietà (quale??) è confermata da 30 mesi di balle e silenzi.

tant’è.