Il gioco delle buste

LA PRINCIPESSA torna a chiedermi della psicologa in risposta a un messaggio appena mandato per sapere se i colori che le ho regalato funzionano bene.

ok. l’argomento psicologa sarà duro da dimenticare se dopo 24 mesi siamo ancora qui a discuterne (anche se è lei e solo lei che ne parla e io da stasera ho semplicemente deciso di non risponderle neanche più quando accenna al discorso).

a voler vedere bene le cose forse pensa di far(mi) bene, forse pensa che sia tipo un alcolista o un drogato di qualcosa che ha bisogno di essere spinto alla terapia ma io semplicemente vedo il tutto come i primi cristiani che al tempo invasero territori occupati da tribù locali e con la forza li hanno fatti convertire alla loro religione.

con la psicologa è lo stesso: lei si è trovata bene e quindi è convita che questa sia la cura di ogni male e che tutti (io, in questo caso) debbano andarci per stare bene.

ma per stare bene da che cosa?

evito di fare l’elenco di domande e relative supposte risposte, più o meno fantasiose e, come uso fare, arrivo al dunque immaginando un semplicissimo esperimento.

tutti i partecipanti al gioco devono procurarsi un foglio, una penna, una busta. si prende la penna e si scrive sul foglio quello che la persona in questione ritiene non vada bene in me, qualunque cosa, brutta o cattiva che sia, pesante o leggera, tutto, senza peli sulla lingua. poi si mette il foglio nella busta e si chiude la busta, sigillandola.

poi io vado in terapia, diciamo per 5-6 sedute, parlando di quello che viene, come viene, rispondendo ad eventuali domane, eccetera. insomma: una normale terapia gestita dalla scienziata di turno seduta davanti a me.

poi durante l’ultima seduta anche la genia deve prendere carta, penna e busta e fare lo stesso, questa volta però scrivendo dall’alto della sua professione e coi i dati raccolti “sul campo” la risposta a una semplicissima domanda: a tuo parere, secondo quanto visto e sentito fino ad ora, cosa non va nel paziente in questione?

infine le buste vengono consegnate a una persona terza, esterna, va bene anche un passante per strada. questi deve aprire le buste, leggere il contenuto e poi dare due semplici dati: se, quanti e quali sono i punti in comune tra la busta della psicologa e le altre e poi dichiarare quanti sono i punti in questione di ogni busta.

in questo modo, per esempio, se la psicologa dovesse scrivere 3 cose e una busta esterna dovesse averne 25, significa, nero su bianco, ufficialmente, che 22 cose sono stronzate o semplici punti di vista sbagliati o soggettivi. poi dei 3 punti in questione vedere quali, sui 25 totali, rientrano in questa categoria di problemi. se niente rientra significa che non c’è nessun problema, di fatto, perchè anche ammesso che lei (la psico) ne abbia riscortati, di fatto non sono cose che il grade pubblico nota. poi in questo caso sarò io a decidere se affrontarli o meno, altrimenti, viceversa, voglio tutti zitti e muti per sempre.

il problema però è proprio nel gioco in se, cioè nel fatto che poi sarebbero messe nero su bianco cose che, se dette a voce alta, diventerebbero reali e io, dopotutto, non ho la minima intenzione di scavare così a fondo nelle opinioni e nei pensieri di chi poi dovrà restarmi attorno per il resto della mia vita.

soprattutto perchè le suddette persone sono persone che pensano a me solo quando non hanno nessun altro problema se non trovare qualcuno a cui rompere i coglioni gratuitamente.

insomma, in conclusione: l’elefante pascola in salotto da decenni, che senso ha adesso, dopo tutto il tempo che è passato, andare a spaventarlo col rischio di ritrovarsi calpestati e feriti da qualcosa che, se ignorato, può tranquillamente restare dove è, come è, per i prossimi decenni?

e se sono fortunato anche fino al giorno quando la mia bara sarà calata dentro una fossa e chiunque mi conosca smetterà di dover pensare a nuovi modi per disintegrarmi i coglioni?

49 e altre cose

49 giorni alla riapertura.

fuori, temperatura a parte, il sole è già estivo, i maglioni di lana sono a un passo dall’armadio e la scatola con gli acquisti di oggetti per il camper è in fase di riempimento.

nel mentre i miei annunci non hanno ancora avuto nessun riscontro, linkedin è una bufala e ho perso più tempo ad aggiornare e pubblicare che non la somma totale del tempo di tutti i colloqui fatti nel mentre (un paio in dieci anni).

del camper non si è più saputo nulla, febbraio è finito e marzo è dietro l’angolo.
nei negozi sono in attesa dell’arrivo di occhiali da sole, collane e altre cose che voglio avere per andare in campeggio, tutta roba presente online ma che in negozio non è ancora stata esposta. c’è ancora la merda in saldo e non vedo l’ora che buttino tutto e mettano fuori roba estiva nuova di zecca. ho voglia di colore, di sole, di mare.

49 giorni e si parte. estate 2022.

50 ancora

che poi, parlando sempre di psicologa e normalità, tra 50 giorni riapre il campeggio, torneranno i miei weekend tra sole, mare, amici, compagnia, vita vera e problemi, stronzi e stronzate saranno solo una scatolina ben chiusa appoggiata in un dimenticato scaffale ben lontano da me.

e se ne riparlerà, forse, a settembre.

perchè i problemi miei, ricordiamolo, sono al 99% causati da altre persone che basta semplicemente evitare e/o sostituire con persone, luoghi e situazioni meno da paranoia.

tutto qua.

i soldi me li tengo in tasca e li spendo in pizze, gelati, bibite e ingressi, altro che per una puttana con la penna in bocca che ti fissa per tre quarti d’ora a 60 euro a seduta.

succhiamelo.