Della realtà

sabato sera.

c’è stato un tempo ormai dimenticato dove il rituale del fine settimana era quella di dover essere perfetto in ogni aspetto, uscire a farsi ammirare (per quanto alle gente importasse di ammirarmi) e vedere, fare, conoscere, parlare, ridere, divertirmi, stare tutti insieme.

anni piegato in due sul pavimento a piangere cercando di capire dove fosse l’errore, dove fosse il motivo di perchè me uscire con quattro stronzi e passare una cazzo di normalissima divertente serata fosse così impossibile.

poi sono arrivati loro, IL TRESCINATORE & CO. e tutto è filato liscio per alcuni anni, con uscite a ogni ora del giorno e della sera fatte col pensiero che prima o poi tutta questa “felicità” l’avrei pagata cara.

e così è stato: prima una si becca farcita con un figlio e subito dopo la compagnia tutta un pezzo alla volta di disintegra, disgrega, disperde.

anni di pianti, sforzi, soldi, anni passati a compiacere chiunque, a sottostare a tempi, modi, ritmi, orari di altri, tutto fallito, tutto perso, tutto andato a puttane. oggi frequento quattro gatti, uno peggio dell’altro se proprio vogliamo dirlo, in attesa che prima o poi (?) arrivi qualcosa o qualcuno di meglio, qualcosa o qualcuno che in qualunque cazzo di modo mi prenda la mano e mi regali finalmente la serenità e la felicità che anche io merito.

invece resto a casa, ogni weekend, rassegnato ormai all’evidenza che quel qualcuno o qualcosa non arriverà mai, rassegnato a una vita da passare da solo, in tranquillità (come piace a me) pur di non dover affrontare nuovamente il caos di capelli, abbigliamento, aspetto, orari, corse, sudore, brividi di freddo, con soldi spesi a miliardi, buttati dalla finestra per poi, a distanza di pochi mesi, anni, ritrovarsi con una pugno di merda molle in mano e nulla più che un fegato rovinato e una frustrazione ancora più grande da dover elaborare.

perchè?

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